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«Come bambini raccolti da luoghi senza memoria»

L’ascaro. Una storia anticoloniale

Anna Di Sapio

12 febbraio 2024

Nell’autunno 2023 è apparso in traduzione italiana, il romanzo L’ascaro. Una storia anticoloniale di Ghebreyesus Hailu, pubblicato da Tamu, grazie alla collaborazione tra Alessandra Ferrini e Uoldelul Chelati Dirar.  Alessandra Ferrini è un’artista visuale e ricercatrice che vive e lavora a Londra, la cui ricerca si focalizza in particolare sui retaggi del colonialismo e del fascismo italiano. Il suo intento è quello di fare i conti con il passato, di mostrare ciò che è stato volutamente celato, intrecciando storie e narrazioni che provengono dai margini e realizzando installazioni di denuncia sulla violenza coloniale italiana in Libia. Nel 2022 Ferrini presenta all’ar/ge kunst di Bolzano Unruly Connections[i] tra i cui scopi c’è anche la traduzione in italiano del testo di Gebreyesus Hailu, affidata a Uoldelul Chelati Dirar, professore di Storia dell’Africa all’Università degli Studi di Macerata.

Regio corpo di truppe coloniali Eritrea (Wikimedia)

Ghebreyesus Hailu nasce ad Afelba nel sud dell’Eritrea nel 1906. Nel 1923 a diciassette anni viene ammesso al seminario cattolico di Keren dove ha inizio la sua formazione sacerdotale. L’anno successivo viene inviato a studiare nel Collegio etiopico in Vaticano. Dopo la laurea studia teologia alla Pontificia Università Urbaniana concludendo il suo percorso con una tesi dottorale in latino. Nel 1933 viene ordinato sacerdote. Personalità di rilievo nel panorama culturale eritreo del Novecento, ha ricoperto incarichi religiosi e politici tra Eritrea, Addis Abeba e Roma dove ha svolto il ruolo di addetto culturale presso l’ambasciata etiope. Muore ad Addis Abeba nel 1993.Hailu scrive in tigrino il breve romanzo Hade zanta nel 1927 mentre si trova a Roma per completare la sua formazione sacerdotale, ma il testo verrà pubblicato ad Asmara solo nel 1950 “per mancanza di mezzi”, come scrive lui stesso nel Prologo, ma anche per il rischio di censura da parte del regime fascista. Bisognerà attendere il 2012 per avere una traduzione inglese da parte di Ghirmai Negash, professore alla Ohio University, seguita poi da una versione araba, che ha permesso all’opera di ricevere attenzione da parte di un numero crescente di lettori e studiosi.Protagonista del romanzo è Tequabo, un giovane eritreo di buona famiglia, che decide di arruolarsi nelle truppe coloniali in cerca di fama. L’esercito è quello di una potenza coloniale, l’Italia, che da anni occupa il suo paese. Sulla scelta del giovane può aver influito la concezione tradizionale per cui “il coraggio appartiene agli uomini” e il clima del momento:

Erano tempi, quelli, in cui il sangue degli Habesha scorreva copioso per via della guerra che era in corso in un luogo chiamato Tripoli. Durante le danze i giovani cantavano con la testa eretta:

Chi rifiuta di andare a Tripoli è una donna!

Chi rifiuta di andare a Tripoli è una donna! 

(p. 64)

Prima di partire per la Libia Tequabo si reca a casa per mettere al corrente i genitori della sua decisione e per chiedere la loro benedizione. La notizia lascia attonita e inquieta soprattutto la madre preoccupata per questo figlio unico che va in guerra, che potrebbe incontrare la morte in una terra lontana, ma il dado è tratto e non si può tornare indietro.

Alla stazione piena “di gente angosciata, chi urlava e chi intonava eulogie[ii], il tutto in una bolgia indescrivibile”, Tequabo insieme ad altri commilitoni sale sul treno che da Asmara porta a Massaua, sul Mar Rosso, dove li aspetta una nave che li porterà verso nord, passando per i porti del Sudan e dell’Egitto prima di arrivare in Libia dove conosceranno il deserto.

La vista del deserto è davvero qualcosa di impressionante. (…) Uno dinanzi a sé scorge solo sabbia, ghiaia, ciottoli, pietre e montagne di polvere. Davanti e dietro, a destra e a manca, è sempre lo stesso paesaggio. (…) Il cielo, sempre sgombro, non presenta alcuna traccia di nuvole e il sole, sempre rovente, non concede un alito di vento al punto che, in preda allo sconforto, viene da chiedersi se ci si trovi nella terra dei morti o nella terra dei vivi. Che differenza con la fertile terra d’Etiopia, florida, sempre accarezzata dai venti, ricca di ruscelli gorgoglianti!  (p. 78)

Nel corso della sanguinosa campagna militare italiana per la conquista della Libia, Tequabo prenderà coscienza del suo ruolo di colonizzato e di essere diventato strumento di un’altra colonizzazione.






Ascari eritrei (Wikipedia)





Testo breve L’ascaro, una settantina di pagine, ma denso e complesso tanto per i temi trattati che per le riflessioni che ne scaturiscono.
La prima cosa da sottolineare è il punto di vista di Hailu vale a dire il punto di vista di un contemporaneo; essendo un religioso non è mai stato arruolato negli ascari, ma sicuramente ha avuto modo di ascoltare i racconti di chi quell’esperienza aveva fatto o stava facendo. Un contemporaneo colto che scrive per i suoi lettori habesha. Il suo racconto è quindi frutto di oralità e cultura scritta, di tradizione e modernità. D’altronde abba Ghebreyesus Hailu è una persona istruita, che appartiene ormai a due sfere culturali e sa apprezzare gli aspetti positivi della cultura altrui. Nel suggestivo racconto della traversata in mare si sofferma su descrizioni di tipo naturalistico ma anche su alcuni aspetti della modernità:

Mentre la luce illuminava la nave e gli ascari, e il loro vascello avanzava nel mare, ai soldati pareva che la luna procedesse allo stesso ritmo dell’imbarcazione, quasi vi fosse legata da una fune invisibile. Alla vista di quello spettacolo i figli d’Etiopia, in particolar modo quelli non avvezzi al mare, rimasero a bocca aperta. Pareva loro di sognare. (p. 73)

All’ingresso del porto si ergeva fermo un uomo gigantesco che sembrava quasi dire: «Chi oserò passare di qui?» Si trattava della statua che raffigurava quel grande e ingegnoso francese di nome De Lesseps, che aveva ideato il taglio dell’istmo di Suez. Gli ascari non lo sapevano, e davanti a loro già si paravano nuove meraviglie … (p. 75)

L’ascaro è anche un documento storico, una fonte che arricchisce la ricostruzione di una storia, quella coloniale, che in Italia continua ad essere ignorata, dimenticata. Nello stesso tempo è un testo che ha una forte valenza politica, come sottolinea il traduttore, «una lucida e determinata critica del colonialismo italiano e della sua violenza strutturale» ma è anche «una denuncia dell’asservimento della popolazione eritrea al dominio coloniale.», una lucida critica ai propri connazionali di aver ceduto, di essersi fatti sottomettere senza neanche provare a combattere.

In Libia gli ascari sperimentano il razzismo dell’ufficiale italiano che «Trattava i suoi soldati come se fossero stati bambini raccolti da luoghi senza memoria … » e disprezzava gli arabi perché «ingrati, inaffidabili, traditori e vendicativi». Tequabo ha modo di verificare che gli arabi invece si battono con coraggio perché difendono la loro terra e la loro libertà mentre lui e i suoi compagni stanno combattendo per permettere agli italiani di sottomettere un altro popolo.

Per apprezzare al meglio il testo di abba Ghebreyesus Hailu il lettore ha a disposizione la lunga e articolata Introduzione del traduttore Uoldelul Chelati Dirar e la Prefazione della scrittrice Maaza Menghiste.

Chelati Dirar delinea il contesto storico e culturale, la biografia dell’Autore e, particolare interessante, ci parla anche delle sfide affrontate per tradurre il testo dal tigrino[iii] in italiano: “… la principale sfida è stata cercare di mantenere il registro linguistico dell’epoca in cui è stato prodotto il testo senza cedere alla tentazione di una sua modernizzazione in funzione di una maggiore fruibilità da parte del lettore contemporaneo.”

Edizione originale in tigrino di Hade Zanta

Nella Prefazione la scrittrice etiope Maaza Menghiste[iv] sottolinea le impressionanti somiglianze tra la traversata del deserto degli ascari e la traversata attuale di profughi e migranti: «il mare che ha trasportato gli eritrei, gli etiopi e gli altri che ho visto arrivare a Lampedusa dalla Libia è lo stesso che un tempo ha portato gli italiani sul suolo africano.». Oggi i migranti che arrivano dal Corno d’Africa si accorgono di non essere graditi come speravano. L’Italia – conclude – non è stata capace di fare i conti con il proprio passato, di affrontare la storia razzista e violenta che ha avuto luogo nel Corno d’Africa e in Libia, se lo avesse fatto oggi sarebbe più forte di fronte alle nuove sfide.

Auguriamo al testo di abba Ghebreyesus Hailu una grande diffusione soprattutto tra i giovani e nelle scuole che vogliano affrontare un percorso sul colonialismo italiano.[v]

Ghebreyesus Hailu, L’ascaro. Una storia anticoloniale, traduzione di Uoldelul Chelati Dirar, Prefazione di Maaza Menghiste, Postfazione di Alessandra Ferrini, Tamu edizioni, Napoli 2023, € 15


[i] Unruly Connections (connessioni indisciplinate), Tra le “connessioni” che il titolo della mostra evidenzia, rientra anche il parallelo tra la situazione libica e la coscrizione forzata dell’Alto Adige tra il 1935 e il 1936.

[ii]      benedizioni

[iii]  Il testo originale in tigrino di Ghbreyesus Hailu lo si può scaricare al link https://silphiumgatherer.files.wordpress.com/2024/01/conscript_original_tigrinya.pdf

[iv] Maaza Menghiste autrice del romanzo Il re ombra (Einaudi 2021), ambientato durante la campagna di Etiopia scatenata dal fascismo contro l’unico paese africano rimasto indenne dal colonialismo.

[v] Sul sito di IRIS nella sezione Colonialismo italiano è possibile scaricare l’ebook Il colonialismo italiano in Africa tra passato e presente dove si trovano sezioni riguardanti gli Ascari e la complessa rete di relazioni tra colonizzati e colonizzatori, nonché la sezione riguardante i migranti. Il link https://www.storieinrete.it/il-colonialismo-italiano/